L’EP

                                                       Un altro morto sulla 106Frame7

I Filmnoir, in dodici anni di attività, appaiono come degli inviati sul fronte di guerra, intenzionati a mettere nero su banco il mal de vivre del nuovo millennio. In questi tempi cupi, convulsi, disperati, in uno stato mentale precario, vicino al collasso nervoso, bisogna tirare fuori canzoni che sprigionino la tensione, la rabbia urbana, ed è sorprendente scoprire quanta roba buona possa uscire fuori, quando stai seduto con il culo sull’orlo dell’abisso. Sembra di essere tornati indietro di trent’anni, dritti nel cuore degli anni ottanta, un presidente clown alla casa bianca (allora Reagan oggi Trump), un primo ministro inglese donna e conservatrice (allora la Thatcher, oggi Theresa May) i russi sono tornati a pretendere la loro porzione d’ossa da spolpare, in Europa i fascisti hanno ricominciato ad erigere muri, ad alimentare paure, razzismo, separatismi, la gente è spaventata perché a volte troppo codarda per combattere, cieca come una talpa, in balia del proprio ventre, sola. Che si fa adesso? Ficchiamo la testa sotto la sabbia e facciamo finta di niente? È già successo, è finita, oppure ti metti a piangere fino a diventare pazzo? Ceppi, sbarre griglie, si serrano nella società e tendono a farsi sempre più soffocanti e tutto quello che possiedi è il tuo orgoglio.

Frame 4 Il nuovo EP Un altro morto sulla 106, non è il lavoro di voyeur opportunistici, ma una sorta di documento sui tempi che stiamo vivendo. La band racconta delle storie su persone vere, da un nome ai numeri, ogni canzone una persona.  Ecco perché Un altro morto sulla 106 del titolo (la famigerata superstrada che attraversa tutta la costa jonica e giunge fino a Taranto) non è che un pretesto per trasformare la cronaca in politica, il calderone indiavolato e macabro della conta dei morti sul tratto di strada più pericolosa d’Europa, in un modo per uscire dai nostri orticelli mentali, dal nostro sangue, dal nostro essere alienati, senza la minima cura o interesse verso ciò che ci accade intorno, dalle manifestazioni dell’orrore più vicine a noi, (i morti sulla 106 appunto), alla guerra in Siria, all’emergenza profughi, alla povertà diffusa, alla mancanza di prospettive dei più giovani, una mucillagine surreale e degradata in cui ogni concessione alla speranza è bandita, cancellata, negata. Ogni epoca ha la sua storia, la sua musica, i suoi nemici da combattere, la propria voglia distruttiva, i propri ideali.

Frame 1Le grandi promesse, le visioni, le illusione degli anni novanta, non si son mai realizzate, anzi. Canzoni come La pelle e Dentro ai cessi dei bar, descrivono la malcelata violenza, la dirompente fragilità, la sensazione d’inadeguatezza di una generazione tormentata, una generazione perduta al pari di quella che negli anni venti si ritrovò a combattere la  prima guerra mondiale. “…siete tutti una generazione perduta…” disse una volta Gertrudre Stein a Ernest Hemingway, “…non avete rispetto per niente, pronti a bere fino a morire…”. Ma noi non recitiamo poesie nel salotto buono della Stein, non passeggiamo per i boulevard di Parigi a caccia di suggestioni poetiche, non abbiamo ideali da difendere, in trincea, contro i crucchi cattivi e sanguinari. Noi lottiamo contro il feroce nulla del terzo millennio, imbellettato di tecnologia, in una versione luccicante e grottesca del vuoto, che c’era prima, che c’è adesso, che ci sarà in eterno. Impacchettate il nulla, dategli fuoco e lanciatelo da un dirupo. Il rito digitale della sedazione, la saga della decerebrazione, la mania dell’apparire,  le favolette che ogni fottuto giorno ci vengono propinate come verità. Vacanze a Rosarno è una sorta di viaggio punk-psichedelico sull’autostrada Reggio Calabria- Salerno, la cui rotta iniziale è tracciata dalla chitarra, che dilata l’atmosfera per mezzo di un prolungato riff dissonante e dal racconto, che raggiunge picchi di cinismo, isteria e delirio nel proporre, tanto ai compari delle ‘ndrine quanto ai figli viziati della Reggio bene, una bella vacanza a Rosarno, lungo l’autostrada devastata dalle interruzioni, Quanto costa un uomo? I perdenti sono sempre i più violenti, cantano i Filmnoir in questa canzone. La jungla d’asfalto è la jungla d’asfalto ed è giunta l’ora di farsi rispettare. Basta il fuoristrada, la coca, gli amici ‘ndranghetisti, per dimostrare al mondo di non essere una mammoletta? Ogni turpe nefandezza trova un proprio habitat se condivisa con i guagliò che girano armati, sulle loro enormi automobili.  Lo stesso senso di nausea, lo stesso stordimento, la stessa banalità. L’orrore sempre al centro della scena, un orrore su misura, un orrore pret-à-porter,  che ci faccia sentire vivi, unici e veri. Umani. Ehi, c’è un altro morto sulla 106…

Frame9

Un altro morto sulla 106

EP FILMNOIR

EP

01 Un altro morto sulla 106
02 Dentro i cessi dei bar
03 La pelle
04 Quanto costa un uomo (live)
05 Vacanze a Rosarno (live)

Alessandro Pennacchio voce
Domenico Macheda chitarre
Massimiliano Latella batteria
Antonio Aprile basso

Registrazioni, missaggio e mastering di Alessio “Lex” Mauro
registrato al Noir P Studio di Massimiliano Latella
batterie registrate presso gli LM Recording Studio
preproduzione Antonio Aprile
le foto live sono di Michele Tarzia
progetto grafico adexo.it

Il videoclip di Un altro morto sulla 106 è stato realizzato da Michele Tarzia
Esterni: Strada Statale 106 / Interni: SpazioTeatro, Reggio Calabria

I brani Quanto costa un uomo e Vacanze a Rosarno sono stati registrati live da Alessio “Lex” Mauro al MENO1 – art & music culture, Reggio Calabria

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La realtà è uno specchio esploso in mille pezzi, un cabaret dell’assurdo, tra ingiustizie, orrori e suonerie dei cellulari. In un mondo distratto dal digitale, nell’arte e nelle canzoni resiste il tentativo di trovare un barlume di poesia e dignità anche in quel sotterraneo più disperato, rozzo e brutale dell’essere umano nel quale i valori convenzionali vengono ribaltati, laddove l’uomo torna a essere fatto di carne e sangue

Un altro morto sulla 106

I Filmnoir, in dodici anni di attività, appaiono come degli inviati sul fronte di guerra, intenzionati a mettere nero su banco il mal de vivre del nuovo millennio. In questi tempi cupi, convulsi, disperati, in uno stato mentale precario, vicino al collasso nervoso, bisogna tirare fuori canzoni che sprigionino la tensione, la rabbia urbana, ed è sorprendente scoprire quanta roba buona possa uscire fuori, quando stai seduto con il culo sull’orlo dell’abisso. Sembra di essere tornat… continua a leggere»

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La pelle

C’era
una volta la pelle
sulla moquette sporca di sangue
“se stai ad aspettare che qualcuno ti salvi”
disse la pelle e se
ne accese
una
“qualcuno verrà
e ti getterà un osso e tu dirai
grazie come sei
gentile”
ma quale miseria, quale disperazione?
quando cazzo comincia la
rivoluzione?

sai, la rabbia, baby, implica vendetta
sai, la rabbia, baby non ti fa
sentire figlio di
gesù
…ehi, ehi yuppy doo!!

e poi finita
la scuola, i bulletti
fatti di roba, non bastarono
mica, a spiegarmi, come
funziona la vita
e gli educatori
dissero
“la masturbazione porta all’apatia
fumare erba porta alla pazzia”
“e vaffanculo”
pensai io
“andare al centro
per l’impiego
fa lo stesso
effetto”

sai, la rabbia, baby, implica vendetta
sai, la rabbia, baby non ti fa
sentire figlio di
gesù

…ehi, ehi yuppy doo!!

Dentro i cessi dei bar

Un tempo credevo che il treno fosse un missile
che tutte le prostitute fossero eroine
di Dostoevskij, credevo che i sicari
piangessero prima di uccidere
nella jungla d’asfalto dove
non serve avere pietà
credevo che i
drogati fossero
beautiful losers, alla Sam Peckinpha…
quando la notte scende nel bassoventre della città credevo che la vera poesia, stesse
scritta sui muri, dentro
ai cessi di un bar…

dentro ai cessi dei bar
dentro ai cessi dei bar

anche
le idee migliori
nel tempo si trasformano
in tutte quelle frasi stanche su ciò che
conviene oppure
no
credevo
nella rivoluzione
con la falce e il martello
dopo il giro dei
pub
e lo scazzo del sabato sera
credevo che fosse smania di libertà
nei locali topaia tra fasci di luce e volute di crak
femme fatale di periferia la danno, gratis
dentro ai cessi dei
bar

dentro al cesso di un bar
dentro al cesso di un bar

Un altro morto sulla 106 testo

La radio accesa gracchia mentre guido, dice
“qualcuno ha sparato alla sua baby”
ed è stupido ridere inutile
piangere, c’è un altro
morto sulla
106

alzo il volume, c’è un predicatore, “vuoto dentro non vuol dire leggero”
dice, “c’è un tempo per bere e uno per sprofondare
e un altro morto
sulla 106

attenderò che saremo rinsaviti, che saremo benedetti e tutti
uguali e nonostante la luna sia così brillante,
c’è un altro morto
sulla 106

la mamma pensa che non vada bene,
dormire in giro e buttare
via le ore,
dice
“laggiù nella bara
non troverai che te
un altro morto sulla 106”

Un altro morto sulla 106

EP FILMNOIR

EP

01 Un altro morto sulla 106
02 Dentro i cessi dei bar
03 La pelle
04 Quanto costa un uomo (live)
05 Vacanze a Rosarno (live)

Alessandro Pennacchio voce
Domenico Macheda chitarre
Massimiliano Latella batteria
Antonio Aprile basso

Registrazioni, missaggio e mastering di Alessio “Lex” Mauro
registrato al Noir P Studio di Massimiliano Latella
batterie registrate presso gli LM Recording Studio
preproduzione Antonio Aprile
le foto live sono di Michele Tarzia
progetto grafico adexo.it

Il videoclip di Un altro morto sulla 106 è stato realizzato da Michele Tarzia
Esterni: Strada Statale 106 / Interni: SpazioTeatro, Reggio Calabria

I brani Quanto costa un uomo e Vacanze a Rosarno sono stati registrati live da Alessio “Lex” Mauro al MENO1 – art & music culture, Reggio Calabria

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La realtà è uno specchio esploso in mille pezzi, un cabaret dell’assurdo, tra ingiustizie, orrori e suonerie dei cellulari. In un mondo distratto dal digitale, nell’arte e nelle canzoni resiste il tentativo di trovare un barlume di poesia e dignità anche in quel sotterraneo più disperato, rozzo e brutale dell’essere umano nel quale i valori convenzionali vengono ribaltati, laddove l’uomo torna a essere fatto di carne e sangue

Un altro morto sulla 106

I Filmnoir, in dodici anni di attività, appaiono come degli inviati sul fronte di guerra, intenzionati a mettere nero su banco il mal de vivre del nuovo millennio. In questi tempi cupi, convulsi, disperati, in uno stato mentale precario, vicino al collasso nervoso, bisogna tirare fuori canzoni che sprigionino la tensione, la rabbia urbana, ed è sorprendente scoprire quanta roba buona possa uscire fuori, quando stai seduto con il culo sull’orlo dell’abisso. Sembra di essere tornat… continua a leggere»

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Media


La pelle – Filmnoir
Video live di Michele Tarzia
Filmato al Mia Mamma Mia, Reggio Calabria il 31 ottobre 2017

Un altro morto sulla 106 – Filmnoir
Teaser del videoclip scritto e diretto da Michele Tarzia


Voglio ammazzare un impiegato – Video Ufficiale
Videoclip – Italia 2012
Durata: 4’34”
Regia: Christian Maria Parisi
Camera e direttore della fotografia: Guillermo Laurin Salazar
Registrazione e missaggio audio: Fortunato Serranò (PFL studio)
Soggetto: Alessandro Pennacchio, Christian Maria Parisi, Francesco Cotroneo
Fotografie di scena: Silvio Cacciatore
Produzione: Teatro Primo, Sol Latino, Filmnoir
Cast: Francesco Cotroneo, Silvana Luppino, Michele Fedele, Michele Tropeano; Alessandro Pennacchio, Raffaele Zappia, Massimiliano Latella, Antonio Aprile, Domenico Canale.
Ufficio Stampa: Katia Colica (Adexo)

Girato a Reggio Calabria.
Interni: Teatro di posa – sala Teatro Primo
esterni: Reggio Calabria, Arghillà

Live


Voglio ammazzare un impiegato
live @ Mamma mia – Reggio Calabria 31 ottobre 2017

 


Jungla di Carne (inedito dal disco in uscita) + Canone inverso
live @ Rock & Roll Summer Festival Lupardine (Reggio Calabria) 22 giugno 2015

Filmnoir live @ CSOA A. Cartella Reggio Calabria 23 dicembre 2011

La storia

Filmnoir

Se scrivi canzoni, prendi quest’abitudine e non la perdi più. Continui a macinare dentro di te, qualunque cosa tu stia facendo. Mentre ti prepari la cena, mentre stai comprando da bere, mentre sei al bar, e afferri un brandello di conversazione, una frase, che ti regala una sensazione di realtà, che si deposita nella tua coscienza, la percepisci mentre si fa strada, la senti e poi emerge, vita collegata ad altra vita, è l’ebbra odissea urbana di tossici a caccia di eroina, è il resoconto di una storia d’amore allo sfascio, è il disagio esistenziale dato dalla disoccupazione, il microcosmo scellerato marginale selvatico e vilipeso del sottoproletariato metropolitano allo sbando, storie dove tutto è messo in discussione e il lieto fine, è quasi certamente una chimera. La verità è sempre molto ma molto semplice, quando la incontri. Accettala, assimilala, finché improvvisamente ti si rivela una parola, l’espressione, la sillaba, il ritmo e tu scrivi e avanti così. I Filmnoir, nelle loro canzoni, descrivono un mondo sotterraneo e dissoluto nel quale i valori convenzionali vengono ribaltati, e in ogni manifestazione dell’essere, anche quello più bestiale, rozzo e brutale, tentano di trovare un barlume di poesia e dignità. Del resto, il nome stesso della band, mostra qualcosa di più di una semplice propensione al pessimismo, puntando piuttosto alla filosofia del noir come espressione artistica del lato oscuro della vita, della paura, del senso di vuoto, dell’alienazione di giorni visti passare senza uno scopo, dalle finestre di un qualche buco di periferia, fino al momento in cui si è chiamati ad affrontare il proprio destino, quasi sempre tragico.

Film Noir Banner

Filmnoir 2007: Alessandro Pennacchio, Raffaele Zappia, Antonio Aprile, Massimiliano Latella (Foto Andrea Cannizzaro)

La band nasce a Reggio Calabria nel 2006, quando Alessandro Pennacchio (voce) e Raffaele Zappia (chitarra) si uniscono al batterista Massimiliano Latella e al bassista Antonio Aprile e formano la prima lineup dei Filmnoir, che, trovato un assetto stabile, inizia a proporre la propria musica secondo le regole spartane dell’autoproduzione, in un pugno di canzoni raggruppate nell’EP ArtRock, brani in cui profondi giri di basso fungono da pattern per il sound della band, a base di riff trucemente acidi, catarsi poetry/blues e un flusso ritmico in cui si fondono algidi panorami wave a escursioni sature di groove psichedelico. I testi delle canzoni dei Filmnoir, ficcano la testa negli abissi più tetri della contemporaneità, descrivendo il cinismo e la vulnerabilità di una generazione colta nei suoi momenti più effimeri e disperatamente vitali, in un delirante dialogo con la morte e con la follia. Il risultato è un disco violento e affascinante come la vista di un’auto senza guidatore lanciata a tutta velocità, La favolosa belva, uscito nella primavera del 2010 (anticipato dall’EP Macabre). Le canzoni detonano in inni brutali e provocatori, che svuotano il blues della sua dimensione salvifica e lo riconvertono in rivoli di lascivia, travolto da un’insopprimibile emotività che lo distanzia dagli sguardi fissi sul vuoto di molto rock italiano di quegli anni. Non è punk, non è blues e nemmeno metal, ma un blend di tutto questo, spogliato da ogni manierismo e portato giù, in fondo, nei bassifondi dell’anima. L’intento dei Noir’s è sempre il medesimo, creare situazioni estreme per indurre reazioni estreme, e in un’atmosfera di grande caos creativo, viene realizzato anche un videoclip per il singolo Voglio ammazzare un impiegato, a cui partecipa come ospite l’armonicista e bluesman Domenico Canale e una parte della Reggio Calabria più alternativa e “impegnata”.

film copertinaI Filmnoir restano attaccati ad un’idea malsana di rock’n’roll, un nightmare/rock che può giungere solo da una delle periferie più estreme dell’impero, il sud del sud, il meridione d’Italia, in una realtà di alienazione e fatalismo, dove uomini e donne vedono il male troppo da vicino e rivolgono ormai uno sguardo disincantato al futuro, in una giungla sociale difficile da attraversare, piena d’insidie, e pessimismo. Vacanze a Rosarno è una sorta di viaggio punk-psichedelico sull’autostrada Reggio Calabria- Salerno, la cui rotta iniziale è tracciata dalla chitarra, che dilata l’atmosfera per mezzo di un prolungato riff dissonante e dal racconto, che raggiunge picchi di cinismo, isteria e delirio nel proporre, tanto ai compari delle ‘ndrine quanto ai figli viziati della Reggio bene, una bella vacanza a Rosarno, lungo l’autostrada devastata dalle interruzioni, “…che sembra una ferita come la tua vita…”, tra il razzismo dei caporali “…che vanno a caccia di neri tra gli aranceti…”, e la disperata ricerca di eroina dei tossici, in mezzo alle fatiscenti palazzine dei Rom, nell’inferno del ghetto. Brani come Curriculum pour l’enfer e Voglio ammazzare un impiegato descrivono un mondo alla deriva, specchio del dissolvimento dei valori novecenteschi legati alla realizzazione sociale, quando bastava finire l’università (anche triennale o addirittura solo il diploma) per ambire a un buon lavoro, sogno di milioni di studenti e delle loro famiglie. Un mondo che non esiste più, destinato ad implodere nell’ossessione e nella paura di restare disoccupati a vita. Il groviglio elettrico di Baudelaire, con la sua coda strumentale, cerca di approdare a una visione “catartica” della mancanza di speranza, e per fare emergere questo lato oscuro, si serve di un catalizzatore, la figura del poeta-drogato, colto nel momento del suo suicidio. Proprio a partire da questo disco, iniziano a delinearsi le due anime della band, quella brutale e reattiva e quella, di riflesso, cupa e introspettiva, che, in brani come L’infanzia dell’infame, La partita è finita, Da qui all’eternità, emerge e perpetua l’illusione (forse) che l’arte possa ancora salvarti l’anima dal buco nero della rassegnazione. La Repubblica FilmnoirDa questo momento si instaura un circolo virtuoso che porta la band a calcare i palchi di numerosi locali dediti alla musica live, dal famoso e blasonato Le Trottoir di Milano a bugigattoli senza nome sparsi per lo stivale e ad aprire i concerti di gente come gli Ulan Bator e i Diaframma. Nel frattempo, Alessandro Boscarino, già cantante, songwriter e chitarrista del progetto Aendlex, si unisce ai Filmnoir per una serie di live in giro per la Calabria e la Puglia, aggiungendo il suo tocco melodico e carico di sentimento al sound della band, fino a diventarne un membro effettivo. Così, a fine estate del 2012, i Filmnoir decidono di rientrare in studio. Sembra uno di quei momenti magici in cui tutto s’incastra, come per il disco precedente, ma non è così. Scrivere canzoni non è una esperienza intellettuale, qua e là ti tocca usare il cervello, ma per lo più si tratta di riuscire a fissare emozioni e in questo caso c’è qualcosa di disperato nel tentativo di far funzionare le cose, di creare un clima positivo nonostante Alessandro Pennacchio, fondatore della band, abbia già comunicato agli altri la sua intenzione di espatriare appena ultimate le registrazioni del nuovo disco.

Filmnoir 2012: Alessandro Pennacchio, Raffaele Zappia, Alessandro Boscarino, Antonio Aprile, Massimiliano Latella (foto Miriam Mazzotta)

Le canzoni vengono incise ma nessuno ha idea di cosa stia succedendo, aleggia una nebbia di tipo diverso e lentamente si fa strada la sensazione che i guai siano in arrivo, infatti il disco non viene pubblicato e resta a tutt’oggi il lost album dei Filmnoir. Con l’abbandono del cantante, la band tenta di proseguire e al suo posto subentra Andrea Cannizzaro, performer proveniente dal metal estremo, ma dopo qualche live e la produzione di due nuovi brani, i Filmnoir si sciolgono. Antonio Aprile e Massimiliano Latella proseguono a suonare e fondano insieme a Claudio Nastasi i Nerogrigio, Raffaele Zappia si dedica a nuovi progetti lavorativi, Alessandro Pennacchio si trasferisce in Messico.

Filmnoir

Filmnoir 2017: Alessandro Pennacchio, Domenico Macheda, Antonio Aprile. Massimiliano Latella (foto Vincenzo Nava)

La band resta ferma fino alla primavera del 2015, quando i membri originari della band, tranne Raffaele Zappia, si ritrovano con gli strumenti in mano per provare nuove canzoni. Questa volta la posta in gioco è più alta, devono scoprire se hanno la forza, l’empatia e il desiderio per lavorare a nuove canzoni, al nuovo disco, a nuovi obiettivi. Per fare questo, insieme ad Alessandro Pennacchio, Massimiliano Latella e Antonio Aprile, reduci del nucleo originale, si unisce Domenico Macheda alle chitarre, nella continuazione del lungo percorso con cui dall’inquieta poesia in balia del blues e del punk delle origini, il gruppo si proietta verso sonorità più articolate, allargando lo sguardo sempre fisso su chi cerca, suo malgrado, di non soccombere alla vita, sia essa descritta a tinte fosche, oppure agognata, sorridente o melanconica, mescolata a un’umanità prossima al degrado, poco cambia che sia quella di una città del profondo sud o di una grande metropoli, in un mondo distratto dal digitale, l’uomo torna a essere fatto di carne e sangue, almeno, nelle canzoni dei Filmnoir. E il 2018 sarà il dodicesimo anno di vita della band….

EP FILMNOIRA novembre 2017 il gruppo ha pubblicato il nuovo EP Un altro morto sulla 106 da cui è stato tratto l’omonimo video girato dal film-maker Michele Tarzia che anticipa il disco di inediti in lavorazione. Tante le tematiche al centro delle canzoni: vita, paura, amore, morte, alienazione, necessità di affrontare il proprio destino. Un altro morto sulla 106 è una sorta di documento sui tempi che stiamo vivendo ed è disponibile su tutte le piattaforme digitali.  

Nel 2019 cambio alla batteria con l’ingresso di Francesco Maria Parisi, uno tra i batteristi più attivi e ricercati della scena reggina. Il gruppo si dedica all’arrangiamento e registrazione dei nuovi brani, con poche performance live in location d’eccezione come l’Associazione Magnolia in un bene confiscato alla ‘ndrangheta, la Libreria Ave e la prestigiosa Sala Museale del Castello Aragonese di Reggio Calabria.

Oggi, mentre Alessandro, Antonio e Domenico sono al lavoro sul nuovo disco, una sola certezza: l’atmosfera noir è sempre più pronta a esplodere.

filmnoir-castello

Live @ Sala Museale Castello Aragonese Reggio Calabria
Filmnoir 2020: Alessandro Pennacchio, Domenico Macheda, Antonio Aprile, Francesco Maria Parisi

 

 

 

Il nuovo disco

GruppoI filmnoir stanno registrando le tracce del nuovo disco di inediti, anticipato dall’EP “Un altro morto sulla 106”. Ad agosto è terminata la fase di pre-produzione realizzata nel loro recording studio. Il disco sarà pubblicato in primavera. Il video del primo singolo della nuova produzione del gruppo è Un altro morto sulla 106.
Le riprese sono state realizzate sulla S.S. 106 e nei locali di SpazioTeatro a Reggio Calabria. Il video è stato scritto e diretto da Michele Tarzia. Il brano è stato registrato presso gli LM recording studio e il Noir P Studio. Registrazioni, missaggio e mastering di Alessio Lex Mauro.

Teaser Un altro morto sulla 106